MARE MIO

MARE MIO

testo e regia di Antonino Varvarà
con Sara Bettella, Daniel De Rossi, Demis Marin, Antonella Tranquilli
una produzione Questa Nave/Teatro Aurora e La Biennale di Venezia
in collaborazione con l’Assessorato alla Produzione Culturale del Comune di Venezia

Al mare, da bambino, andavo come a una festa.
Eppure ne avevo paura.
In quel mare, da adolescente, stavo annegando.
Davanti a quel mare dichiarai il mio primo amore.
Quel mare guardavo a Trapani – seduto sulla rena – tutte le volte che ero triste.
E quel mare m’insegnò a riconoscere i venti:
la tramontana che gonfia le onde e le colora di marrone, il maestrale che le increspa, quasi prendendole a pizzicotti, ma le lascia azzurre, lo scirocco che le rende furiose, facendole rotolare l’una sull’altra.
E’ il mio mare,
il mare di mio padre e di mia madre,
esso stesso padre e madre per me,
padre e madre per i mie avi.

E’ questo Mediterraneo di memoria, di sogni e di inquietudine che vorrei raccontare. Un mare che mi pone di fronte alla Storia, e davanti al quale io sento riaffiorare la storia. Che mi permette di intrecciare Antico e quotidiano, Eroi e gente comune, Mito e vicende di uomini mortali. Il Mediterraneo che è dentro ognuno di noi e che sa di mistero, che spinge a cercare per trovare risposte, che esorta a partire per desiderio di provarsi. E’ il mare agitato di Andrea, protagonista dello spettacolo, che – novello Ulisse dantesco – vuole andare “oltre la piazza e la campagna in primavera, oltre la primavera”, pur sapendo che “lontano è il mare che si congiunge al cielo, lontano assai…”

Antonino Varvarà

RASSEGNA STAMPA

In scena tra sedie riverse o accatastate, Sara Bettella, Daniel De Rossi, Dino Polito e Antonella Tramquilli danno vita ad un testo intenso, nel quale si intrecciano un respiro antico e sensazioni quotidiane. Mescolando sensazioni e immagini, emozioni o piccoli particolari (probabilmente con più di un elemento autobiografico), il regista veneziano ha assemblato parole e visioni: dai costumi da bagno anni Cinquanta al mito dell’Ulisse dantesco, dalle laudi medievali ai sapori di una volta, fino ai canti funebri siciliani. E negli scarti minuti e semplici, molto prima delle colonne d’Ercole, sembra nascondersi il senso di un amore sommesso – mai violento – per un universo mediterraneo che ha il respiro del mito. Tra il maestrale e lo scirocco, galleggia una memoria che non fa male, che solletica il pensiero con un piglio materno.
Giambattista Marchetto, Il Gazzettino – quotidiano del NordEst

Le parole del testo sollecitano un viaggio dentro una memoria contrassegnata da invisibili foto del protagonista bambino sulla spiaggia, da una canzone di Billie Holiday e da una voce dialettale che descrive le trepidazioni del desiderio nell’oltrepassare con la mente i confini del mondo sulla scia del vento. È una rappresentazione poetica e autobiografica del mare degli antenati, un buon lavoro che sterilizza ogni dialogo a vantaggio del piacere d’immaginare.
Carmelo Alberti – La Nuova Venezia, Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso

Il lavoro nasce dall’improvvisazione su suggestioni ed emozioni evocate dal “mare nostrum”. Si tratta di un insieme di quadri lirici ben strutturati, grazie a scelte semplici ed estremamente efficaci, e a dettagli raffinati che da soli “fanno Teatro”, come il suono ripetitivo e costante della sedia dondolante lambita dall’acqua, sedia su cui siede la madre di Andrea, a sfidare in faccia il mare che le ha portato via la gente più cara, in un finale suggestivo ed emozionante. L’abilità linguistica si conferma comunque il tratto distintivo di Varvarà, che si muove agilmente tra Dante e Hikmet, ma che non manca di stupire con la propria poesia colta e raffinata, aiutata da scelte musicali suggestive e da uno studio impeccabile della luce, a cura di Giovanni Milanese, autore anche della scenografia. Una novità interessante sta nella ricerca figurativa che si rinviene in ogni quadro dello spettacolo, con gli attori Sara Bettella, Daniel De Rossi, Dino Polito e Antonella Tranquilli che, nei costumi realizzati da Demis Marin, improvvisamente sembrano far rivivere quadri e sculture della grande tradizione artistica italiana.
Carola Minincleri – Nonsolocinema.com

Ha un inizio davvero coinvolgente Mare Mio, l’ultimo spettacolo scritto e diretto da Antonino Varvarà. In scena quattro attori, due donne e due uomini, seduti di spalle, descrivono a turno invisibili immagini di estati passate, quelle di Andrea, il protagonista della storia, nel quale possono identificarsi tutti quelli che hanno attraversato il mare in cerca di fortuna e davanti al mare sono cresciuti: Andrea sulle spalle dell’amico in acqua, Andrea che non si lava per fare il lupo di mare, Andrea turbato da un corpo femminile…Il mare ha tante facce in questo spettacolo: è il luogo che nella memoria dell’autore e regista Antonino Varvarà coincide con il luogo della spensieratezza, della giovinezza e degli affetti, ma anche con il mistero, la paura, le leggende antiche di mostri che ingoiano navi affondate; è il nemico per la madre di Andrea, che le rapisce il figlio per sempre e che potrebbe causarne la morte, se la nave naufragasse; è la tentazione di Ulisse, che lo spinge ad andare avanti dimenticando chi l’ama per inseguire “virtute e conoscenza” oltre le colonne d’Ercole, dove la morte lo punirà per avere osato tanto. La scena è riempita in modo disordinato soltanto da sedie di legno di varie dimensioni, sedie che sosterranno l’attesa dolorosa e ostinata delle madri, come quella di Andrea, di fronte al mare, della nave che riporterà a casa l’amatissimo figlio, che “inspiegabilmente” ha abbandonato madre e terra per luoghi freddi e sconosciuti.
Eugenia De Nicola – Nonsolocinema.com

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